La Singolarità

La Singolarità

- La Singolarità si annoiava. In un punto imprecisato, nel non-tempo e nel non-spazio, dove ancora nessuna cosa era, né alcun'altra era mai stata, la Singolarità, in questo ancora e sempre inesistente, si annoiava.

Si annoiava non è, tuttavia, un termine esatto, poiché per la Singolarità non esisteva il tempo, come parimenti non esisteva lo spazio: essa era al di fuori del tempo e dello spazio, in quanto tali espressioni non esistevano ancora, né erano, anzi, mai esistite, come ugualmente non esisteva, né era mai esistito un linguaggio a descriverle, né un occhio umano a contemplarle.

- La Singolarità costituiva o costituirà o avrebbe costituito, in una potenzialità virtuale che si sarebbe verificata o non si sarebbe verificata, i precursori del tempo e dello spazio: tuttavia è necessario rimarcare che questa definizione è inesatta, in quanto una cosa che non esiste e non è mai esistita, non può esistere, a meno che non venga a crearsi dal nulla, iniziando il suo percorso circolare nel tempo, creato per causa della sua stessa esistenza e, in questo caso, cesserebbe dalla sua non-esistenza per divenire necessariamente esistente...

Myrai-na

Myrai-na osservava curiosa l'essere sceso dal cielo in quello strano oggetto volante che rifletteva i raggi dell’astro. Osservò l'incertezza dei movimenti e percepì, dall’odore che emanava e giungeva fino a lei trasportato dalla brezza, la rabbia che turbinava all'interno di quella mente così diversa e diversamente strutturata dalla sua. Non sembrava pericoloso e, del resto, era così buffo! E quel suo procedere sempre solo su due soli arti, poi! Provò a penetrare l'essenza di quello strano oggetto luccicante, senza tuttavia ricavarne nulla. L'essere le assomigliava, non era molto diverso da lei, ma c'era in lui qualcosa di sbagliato, forse il tempo e il luogo.

Gli arti inferiori, sui quali si reggeva costantemente, non sembravano in grado di articolarsi per una corsa veloce come i suoi: le articolazioni: erano rigide, meccanicamente ben formate, ma limitate nelle possibilità che erano invece fornite dalle sue.

Rimase acquattata nel verde della vegetazione, adattando il colore della sua pelle e dei suoi abiti alla tinta predominante dell'ambiente e continuò a percepire gli odori delle sottili linee emotive di quell'essere che la incuriosiva. Non era brutto e, anche da lontano, pareva abbastanza ben fatto, ma quel suo procedere sempre a due soli arti era goffo. Nessuna Mara-eya di Mondoverde lo avrebbe voluto come compagno anche per una sola notte. Tuttavia lei lo guardava con interesse.