Non esiste l'Amore

Per causa di un termosifone

Ci separammo per via di un termosifone: proprio così, ci lasciammo per causa di un termosifone. Lo so, è difficile crederlo (e non pretendo certo che lo facciate, non subito, voglio dire) ed è ancor più difficile capirlo, ma questa - credetemi - fu proprio la causa, la causa finale, almeno, sommata a diverse altre consimili che, messe insieme, hanno contribuito a creare una frattura nel rapporto fra due persone. Non capite ancora, vero? Non credete ancora vero? Tuttavia, ascoltatemi: è una storia abbastanza complicata, come tutte le vere storie d’amore, quelle che lasciano un segno e, a volte, una cicatrice.

Se mi seguirete fino in fondo a questa narrazione, sono certo che capirete e mi darete ragione e, anzi, vi chiederete (e mi chiederete, se avremo in futuro l’occasione di conoscerci e di incontrarci), per quale motivo non mi sono risolto prima a prendere questa decisione che - me lo confermerete anche voi - era l’unica possibile per il bene di tutti e due...


.Il giorno più bello

Il giorno in cui mi sposai fu il più bello di tutta la mia vita (questo lo dicono un po’ tutti, soprattutto le donne), ma fu anche l’ultimo veramente sereno e spensierato, poiché dopo questo ci fu solo un gran pasticcio per un lungo periodo che perdura, a tratti, anche oggi, ricorrendo periodicamente, come il raffreddore e l’influenza stagionale.

Come inizio non c‘è male, vero? Anzi, più che un inizio pare una fine. Siete ancora in tempo a restituire il romanzo, se non lo avete sgualcito, se siete rimasti sorpresi e stupiti da questa evoluzione inaspettata della storia o, diversamente, potete rivenderlo in qualche mercatino di roba usata: qualcuno che se lo compra lo trovate senz’altro. Dopotutto, non dovete sentirvi in colpa: a nessuno piace leggere di cose tristi...


... - Di fatto, quella notte, dodici ore dopo il fatidico sì, lei mi disse (dopo avermi sposato giurandomi eterno amore, nel bene e nel male, in salute e in malattia etc. etc.) che il giorno prima aveva conosciuto un altro, che si era innamorata, che non sapeva neanche lei come era successo, che sono cose che capitano, sapete, un po’ come bucare una gomma in autostrada. Accadono. Ma la gomma la si cambia facilmente, mentre per la moglie la cosa appariva subito più complicata...


Qualche giorno dopo

Qualche giorno dopo, mentre lei faceva la doccia - la faceva due volte al giorno, temeva virus e batteri e tutti gli animaletti piccoli - telefonai al mio amico psichiatra e gli raccontai tutta la storia, confondendo un po’ la cronologia di quanto mi era occorso, ma sapete, quando si è investiti da qualcosa non facile da capire e da accettare ci si confonde, per cui mi interruppe più volte con domande del tipo “ma questo è successo prima del matrimonio o dopo?” oppure con “alla sera delle nozze o il mattino successivo?”. Capivo di non essere stato chiaro nell’esposizione, ma uno che ha scoperto di essersi appena sposato con la sorella del dottor Jekyll non può essere chiaro! Vorrei vedere voi al posto mio! Così, più di una volte dovetti ricominciare tutto da capo mettendo un po’ di ordine. Ho anche pensato che trattandosi di uno psichiatra lo facesse apposta, un po’ come fanno i poliziotti in un interrogatorio.











Elena “della stufetta”

Avevano aperto un negozio nuovo, nel nostro Arrondissement, uno di quelli voluti dal Comune, per agevolare i residenti. L’Amministrazione pubblica si era resa conto che l’opzione scellerata di lasciar aprire a chiunque (avesse i capitali per farlo, cioè alle megasocietà e alle nascenti multinazionali) i mega centri commerciali tipo La Belle Épine, era completamente sbagliata, poiché aveva costretto una moltitudine di piccoli commercianti a chiudere bottega, lasciando senza lavoro i loro dipendenti che adesso arrancavano con impieghi a tempo parziale presso questi grandi centri dove erano un numero, mancando quel rapporto umano tra datore di lavoro e dipendente che si instaura nelle piccole aziende


. Tornai il giorno dopo e acquistai una stufetta elettrica da mettere sotto la scrivania dove era riposto il mio PC. Pagai, ma prima di andarmene scambiai quattro parole con Elena che mi disse subito senza che io glielo chiedessi a) che si era appena separata b) che aveva una figlia c) che era molto contenta di essere riuscita a realizzarsi aprendo un’attività come quella che gestiva, poiché non sopportava il freddo. Era fatta! Era proprio la cosa che faceva per me. Poi mi ricordai che ero sposato con una donna che pativa il caldo e adorava il freddo, la neve e i condizionatori d’aria. Appunto!
Quando iniziò la nostra storia glielo dissi subito che ero sposato, cioè glielo dissi subito dopo, poiché la cosa era avvenuta all’improvviso, senza nessuna premeditazione da parte mia e (credo) nemmeno sua, benché le donne sono calcolatrici e, comunque, sempre imprevedibili...


Jean Jacques

- Ne avevo parlato con Jean Jacques, una sera, non ero convinto che quello che provavo fosse veramente amore, ammesso che questo veramente esista.

Io, a dir la verità, avevo ancora un po’ in testa quella ragazza che avevo conosciuto, anzi visto, una decina di anni prima, in una via di Marsiglia, quella che si affacciava sul porto: ero andato lì, con i miei genitori, a guardare le navi, un divertimento che non costava niente ed era alla portata di tutti.

Le navi hanno un fascino speciale che colpisce sempre chiunque e lo sport di andare a guardare le navi che attraccavano alla banchina del porto era praticato da molti poiché non costava nulla e all’epoca tutti avevano sempre pochi soldi in tasca. Io ci andavo sempre volentieri, poiché le navi mi sono sempre piaciute e anche perché si poteva sempre fare qualche conoscenza occasionale.

Era un pomeriggio d’estate, di quelli che sembrano disegnati nel cielo tra una nuvola e l’altra, faceva caldo, ma non era un caldo infastidente, c’era una fine brezza di mare fresca e profumata d’alghe che ti accarezzava la fronte, lasciandola leggermente e piacevolmente rinfrescata, recando scritto in sé il messaggio biochimico che ricordava al tuo olfatto che eri in vacanza.
- Ma le avevi parlato? - mi domandò.
- No, no, non le ho parlato, no, non l’ho nemmeno conosciuta, no, non ho potuto, sai, ero con i miei genitori, avevo sedici o diciassette anni, per cui andavo dove volevano loro ed erano ormai le sei di sera e perciò...


Lasciai la mia casa

Così, come diceva mia nonna, grande amore, gran dolore. Lasciai a lei la mia casa. La mia ormai pressoché ex-moglie aveva sempre desiderato una casa sua: non l’aveva mai avuta, poiché quando ci eravamo conosciuti (e riconosciuti come compatibili o, almeno, così ci era sembrato), trascorso qualche anno intensamente dedicato a fare i fidanzatini senza problemi che viaggiavano per le campagne della Francia su una vecchia e abbastanza sgangherata Diane 2 cavalli per conoscere nuovi posti, ci eravamo sposati e avevamo smesso di fare i vagabondi e avevamo anche comprato un’automobile seria. Insomma, ci eravamo imborghesiti, sapete com’è: le travail oblige...